Il sistema nervoso
centrale corre lungo la colonna vertebrale, stendendo i suoi rami su ciascuna
vertebra; queste innervature maggiori si suddividono poi in milioni di sentieri
più sottili che comunicano con ogni regione del corpo.
Molte persone pensano
ancora che i nervi si servano di cariche elettriche, come il sistema
telegrafico, perché, fino a quindici anni fa, era quanto affermavano i testi di
medicina.
Negli anni Sessanta
però avvenne una serie di importanti scoperte riguardanti dei piccoli elementi
chimici chiamati “neurotrasmettitori”. Si
tratta di sostanze chimiche capaci di trasmettere gli impulsi nervosi; agiscono
nel corpo come “molecole di comunicazione”, permettendo ai neuroni del cervello
di parlare al resto del corpo.
I neurotrasmettitori
sono i podisti che corrono dal cervello a tutti i nostri organi, e viceversa,
per comunicare i pensieri, le emozioni, i desideri, i ricordi, le intuizioni e
i sogni. Nessuno di questi avvenimenti resta confinato solo nel cervello. E
allo stesso modo, nessuno di loro è strettamente mentale, dato che può essere
codificato in messaggi chimici. Ogni volta che formuliamo un pensiero, si
debbono mettere in moto i neurotrasmettitori; senza di essi i pensieri non possono
esistere. Pensare significa far funzionare la chimica cerebrale, mettendo in
moto una cascata di risposte lungo tutto il corpo.
Intorno al 1973
sembravano necessari solo due tipi di neurotrasmettitori, uno che mettesse in
moto le cellule lontane, per esempio di un muscolo, e uno che rallentasse l’attività.
Le due sostanze chimiche sono l’acetilcolina e la norepinefrina; sono loro i
segnali di “vai” e di “rallenta” per il sistema nervoso. Il nuovo modello
chimico si limitò alla teoria di base per cui erano necessari solo due tipi di
segnali. I computer funzionano usando solo questo tipo di sistema binario, e
così sembrava facesse anche il cervello. Ma quando i biologi molecolari
cominciarono a investigare più in profondità, vennero alla luce numerosi altri
neurotrasmettitori, ciascuno con una propria struttura molecolare e con diversi
messaggi da comunicare. Strutturalmente molti di essi erano collegati,
appartenendo ai peptidi, catene complesse di aminoacidi dello stesso tipo di
quelli che compaiono nelle proteine che costituiscono le cellule, comprese le
cellule cerebrali.
Il corpo viene svegliato
la mattina non da un rude allarme interno ma da una serie di segnali
temporizzati, all’inizio deboli, e poi successivamente più forti, che lo
strappano al sonno in stadi successivi. L’intero processo comporta una
transizione graduale, in quattro o cinque ondate, dalla biochimica del sonno a
quella della veglia. Se tale processo viene interrotto, non vi sveglierete
totalmente come dovreste. Ecco perché i genitori di un neonato, dovendo
svegliarsi diverse volte nel corso della notte, non si sentono mai del tutto a
posto durante la giornata. Anche l’allarme della sveglia ci fa sobbalzare in
quanto differisce dal modello normale di risveglio, e ci lascia una sensazione
di torpore che può durare tutta la giornata, finchè il prossimo ciclo di sonno
e risveglio non risistemerà la chimica mente-corpo. Sia il sonno che la
sopportazione del dolore dipendono da precisi agenti chimici prodotti dal
cervello.
Verso la metà degli
anni Ottanta, si arrivarono a contare più di cinquanta neurotrasmettitori e neuro
peptidi. Ciascuno di loro viene fabbricato da un neurone nel suo terminale
presinaptico e, una volta che ha attraversato la sinapsi, può essere raccolto
dai ricettori situati sulle terminazioni dell’altro neurone. Ciò implica un’incredibile
flessibilità per comunicare da una cellula all’altra.
Il neurone viene ora
inteso come produttore di un messaggio che non esprime solo un “si” o un “no”,
come il computer. Il vocabolario cerebrale è ben più ampio e contiene migliaia
di combinazioni tra segnali separati. Il suo linguaggio ci appare sempre più
complesso dato che continuiamo a scoprire nuovi neurotrasmettitori.
La nostra tolleranza
al dolore dipende da una classe di sostanze biochimiche scoperte negli anni
Sessanta denominate endorfine ed encefaline, che agiscono nel nostro corpo come
un analgesico naturale. La parola endorfina significa “morfina interna”,
encefalina significa “dentro al cervello”. E in realtà sono proprio una versione
della morfina prodotta dal cervello stesso. Questa capacità, fino ad allora
sconosciuta, di produrre internamente degli oppiacei sembrò molto eccitante. S’era
già pensato che il corpo dovesse essere in grado di regolare la sensazione di
dolore.
Anche se insistente, il dolore non viene sempre registrato
consapevolmente. Le emozioni forti, per esempio, possono far superare i segnali
dolorosi del corpo, come nel caso della madre che corre in una casa in fiamme
per salvare il figlio o del soldato ferito che continua a combattere ignorando
il dolore. In circostanze più consuete tutti possiamo deviare la nostra
attenzione da una sensazione leggera di dolore – non facciamo caso a un mal di
gola, per esempio, se stiamo parlando di qualcosa che ci interessa.
I livelli di endorfina
presenti nel corpo non corrispondono esattamente alla quantità di dolore
provata. Lo si può dimostrare con l’uso del placebo ovvero i falsi medicinali.
I malati che soffrono di dolori possono spesso ricevere sollievo con la
somministrazione di farmaci placebo, in genere compresse di zucchero, che il
medico spaccia per potenti antidolorifici. Non tutti risponderanno
positivamente, ma in genere dal 30 al 60% dei pazienti riferirà di non sentire
più dolore. Questo viene definito effetto placebo.
Il corpo non può
essere capito senza l’ingrediente mancante dell’intelligenza. La composizione
delle endorfine o di qualsiasi altro neurotrasmettitore non è importante tanto
quanto il loro funzionamento.
E’ chiaro infatti che
la struttura molecolare di un neurotrasmettitore è completamente secondaria
rispetto alla capacità cerebrale di usarla.
Dovremmo prestare
attenzione al controllo della mente. Dopotutto non è la molecola di adrenalina che
spinge una madre a lanciarsi verso un edificio in fiamme né una molecola di
endorfina che non le fa sentire il dolore delle bruciature. E’ l’amore che la
fa accorrere, ed è la determinazione che la protegge dal dolore. Succede
semplicemente che tali attributi mentali trovino un sentiero chimico attraverso
il quale il cervello può comunicare col corpo. E’ stupefacente come, con ogni
pensiero, la mente riesca a muovere gli atomi di idrogeno, azoto, ossigeno e le
altre particelle nelle cellule cerebrali.
Si scoprì che le aree
del cervello che mediano le nostre emozioni – l’amigdala e l’ipotalamo, sono
particolarmente ricche di sostanze appartenenti al gruppo dei neurotrasmettitori.
Dove i processi di pensiero sono numerosi abbondano anche le sostanze chimiche
associate al pensiero. Il sistema immunitario, dotato di un vocabolario capace
di rispecchiare il sistema nervoso nella sua complessità, invia e riceve
manifestamente messaggi altrettanto variegati.
Il corpo è
sufficientemente plastico da rispecchiare qualsiasi avvenimento mentale. Niente
si muove senza coinvolgere il tutto. La mente si proietta ovunque nel nostro
spazio interno.
La scoperta di
neurotrasmettitori, di neuropeptidi e di molecole messaggere di tutti i tipi ha
notevolmente allargato il nostro concetto d’intelligenza.
Il potere che il
nostro pensiero ha sul nostro universo fisico è ancora oggetto di studi. Esso è
ritenuto in grado di portarci alla consapevolezza, ossia la capacità di considerare, sentire e
vivere il nostro corpo all’unisono con mente e spirito.
(Liberamente tratto da "Quantum Healing" di Deepak Chopra)